La metafora della carrozza del filosofo Georges Ivanovic Gurdjieff, rappresenta lo stato attuale dell’uomo: addormentato.
In questa metafora si cela una condizione, ahimè, molto comune a tanti uomini e donne che non decidono per la propria vita, ma si lasciano condizionare da forze esterne.
Con una coscienza ipnotizzata e confusa, l’uomo agisce come un automa, governato dalle proprie emozioni e senza il benché minimo controllo sui propri pensieri.
Gurdjieff paragona l’uomo ad una carrozza trainata da cavalli con un cocchiere e un passeggero. Quattro componenti che, se mal gestite, prendono il sopravvento nella conduzione della nostra vita.
- La Metafora della Carrozza
La carrozza rappresenta il nostro corpo; i cavalli sono le emozioni; il cocchiere raffigura la mente; il passeggero è la nostra anima (o coscienza).
Con questa metafora Gurdjieff pone l’accento sull’assopimento delle nostre coscienze.
Come descritto da Bucay, il nostro passeggero (l’anima) può godersi il viaggio solo quando dà indicazioni precise al cocchiere (la mente) che, con destrezza, controlla i cavalli (le emozioni) legati saldamente alla carrozza (il nostro corpo).
Quando invece la nostra anima (o coscienza) è dormiente, la mente e le emozioni prendono il sopravvento e compiono azioni automatiche che gestiscono la nostra macchina biologica, ovvero il corpo.
Quando la nostra coscienza è addormentata, non abbiamo il minimo controllo sui nostri pensieri e sulle nostre emozioni. Ci lasciamo dominare dagli impulsi governati dalla nostra mente inconscia.
Crediamo di essere svegli, ma non lo siamo.
Passiamo il tempo immersi nei pensieri rivolti al passato o al futuro, senza nessun controllo. Ecco lo stato di ipnosi! Non riusciamo a vivere il presente, il qui e ora.
Ma cosa accade se anche la mente (il cocchiere) è distratta e non sa dove andare? Ci si lascia guidare dalle emozioni (i cavalli) che corrono all’impazzata.
Allora si finisce per vivere una vita a soddisfare i bisogni degli altri (per il senso di colpa), a provare rabbia, a nascondersi per mancanza di autostima, a inseguire cose futili e materiali pur di riempire un vuoto.
Viviamo in un’epoca storica fantastica nella quale abbiamo la possibilità di comunicare alla velocità della luce, di possedere tutto il sapere del mondo letteralmente nelle nostre mani, di liberarci dalle catene del luogo fisico.
Ma, ahimè, dormiamo! O, nella migliore delle ipotesi, siamo distratti sprecando il nostro tempo.
- Cosa ci Insegna la Metafora della Carrozza
A fare ammenda sui nostri schemi mentali, sulle nostre abitudini, su come utilizzare la nostra immaginazione. Ci insegna a vivere adesso e a trattare i pensieri e le emozioni per quelle che sono: pensieri ed emozioni.
Il percorso di consapevolezza inizia da qui: trova la tua direzione e allinea la mente e le emozioni per spingere il tuo corpo a compiere le azioni che ti porteranno lì dove sei destinato/a ad arrivare.
Secondo Socrate, tutti noi abbiamo un demone (daimònion) che è la nostra voce interiore, la nostra attitudine.
Qual è la tua virtù? Perché sei qui sulla terra? Qual è il tuo scopo?
Quando riesci a dare una risposta a queste domande hai scoperto il tuo demone e non ti basta altro che realizzarlo.
Realizzare il tuo demone (eudaimonia), vuol dire essere felici.
Nella metafora della carrozza potremmo dire, anche se suona blasfemo, che il tuo demone è la tua anima.
Prova a chiederti: “cosa voglio veramente?”; “qual è la mia direzione?”; “sto seguendo i miei valori?”; “sto raggiungendo il mio scopo?”.
Come faccio a tenere sveglia la mia coscienza? Per prima cosa, devi prestare attenzione!
Sei capace di parlare al tuo cocchiere? Hai il pieno controllo della tua mente? O ti lasci guidare con il pilota automatico? Conosci veramente te stesso/a? E le tue emozioni?
Il vero lavoro è questo, il vero cambiamento inizia da qui.
Abitiamo questa terra con lo scopo di compiere un viaggio. Veniamo dotati di un corpo, di una mente, delle emozioni, ma soprattutto abbiamo un’anima.
L’anima, nella metafora della carrozza, è il nostro passeggero, ma troppo spesso ignoriamo il suo volere.
Siamo talmente assopiti che viaggiamo con il pilota automatico, finendo per girare intorno senza raggiungere la destinazione, senza trovare il nostro demone.
Se solo ponessimo attenzione a ciò che siamo, a ciò che la nostra anima ci chiede, a seguire quella direzione che è tracciata dentro di noi, ma che continuiamo ad ignorare perché distratti ed incapaci di distinguere la realtà dall’immaginario.
Se solo qualche volta ci rendessimo conto che la vita sfugge e con essa l’occasione di essere felici, l’occasione di raggiungere l’eudaimonia.
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